Recensione La partita
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Copertina rigida: 600pagine
Editore: Mondadori
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Sinossi ufficiale
Nel pomeriggio più caldo del secolo si incrociano i destini di un arbitro scampato all’Olocausto, un centravanti in attesa di rinascita, un capitano che ha fatto la rivoluzione, un fotoreporter con un dolore al petto, un portiere considerato bollito, un centrocampista con le scarpe dipinte, un commissario tecnico con la pipa e un inviato alla sua ultima estate.
Si trovano tutti ai Mondiali di Spagna nel momento in cui l’Italia incontra il Brasile. È l’ultima partita prima della semifinale. Per arrivarci, ai sudamericani basta un punto. Dalla loro hanno la bellezza, gli elogi e il pronostico. Oltre all’allegria. Per gli azzurri, invece, chiusi nel loro silenzio e in guerra contro il Mondo, è una sfida ai limiti dell’impossibile. Il sole è ancora alto, lo stadio è pieno, l’epilogo sembra scritto. A farlo sui giornali ci hanno già pensato Gianni Brera e Mario Vargas Llosa.
A pochi passi da loro, in tribuna, c’è un bambino di dieci anni, si chiama José e non sa che diventerà un simbolo. Gli altri, invece, non possono nemmeno immaginare che quella sarà la più grande partita mai giocata su un campo da calcio. Hanno tutti lo stesso sangue e nascondono segreti inconfessabili. Per conoscerli, però, bisogna seguire dal principio i fili che li hanno condotti fino a quel 5 luglio del 1982 dentro lo stadio Sarriá di Barcellona.
Recensione
L’inasprirsi della Guerra Fredda, la radicalizzazione della lotta contro l’URSS, la creazione del Pentapartito, lo scandalo della P2, e lo scandalo del calcioscommesse: sono questi gli scenari europei e nazionali che si intrecciano con i Mondiali di calcio del 1982 in Spagna.
“La Partita” di Piero Trillini, giornalista e sceneggiatore televisivo, non è solo il racconto dell’Italia – Brasile, andata in scena il 5 luglio 1982 allo stadio Sarrià (oggi non più esistente), ma è un intreccio di storie di calciatori, dirigenti sportivi, Capi di Stato, e arbitri.
È un romanzo dentro il romanzo, e nei ricordi di chi legge, il riaffiorare di volti e immagini di uno sport, il calcio, che oggi ha cambiato pelle e volti.
Erano i Mondiali del Brasile di Cerezo, Zico, Falcao, Sócrates e Junior, dell’Argentina dell’astro nascente Maradona, e dell’Italia di Rossi, che appena tre mesi prima di quella spedizione aveva finito di scontare una squalifica per la controversia del calcio-scommesse. Convocato da Bearzot, Rossi era stato aspettato prima del mondiale e dopo le prime tre disastrose partite, un centravanti fermo da due anni, sotto peso, che appariva spento.
Bearzot lasciò Pruzzo e Beccalossi a casa, aspettò Bettega fino alla fine e poi portò Selvaggi, sapendo che non si sarebbe mosso dalla panchina. Le storie di questi uomini rendono il racconto della partita ancora più lungo stile Holly e Benji.
Nella parte finale del libro, Trillini parla di Zico che disse (ma non fu il solo) molti anni dopo che perdere quella partita cambiò tutto in Brasile, filosofia, mentalità . Zico asserì pure che se “il Brasile avesse fatto cinque gol, l’Italia ne avrebbe fatti sei. Così dovevano andare le cose”.
Il libro di Trillini, quindi, va oltre il calcio e oltre il racconto di una partita. È un volume che regala spaccati di storia per chi era, in quel periodo, troppo giovane e non aveva la prontezza di quanto accadeva ed è accaduto.
È la favola e la storia vera di uomini come quelli di Bearzot che hanno saputo affrontare il Brasile a viso aperto, una chiave di volta che poi portò al successo finale dei Mondiali del 1982.
Pietro Genovese
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