Recensione Suite 200
Dettagli prodotto
Editore: 66thand2nd; 2° edizione (28 marzo 2019)
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 138 pagine
ISBN-10: 8832970783
ISBN-13: 978-8832970784
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Sinossi ufficiale
Sabato 30 aprile 1994, Hotel Castello. Nella Suite 200 si consuma l’ultima notte di Ayrton Senna. Mancano poche ore al Gran premio di San Marino e c’è una cupa tensione nell’aria. Nel primo pomeriggio è morto Roland Ratzenberger, il giorno precedente Rubens Barrichello si è salvato per miracolo dopo un brutto incidente in prova. Senna è scosso, vuole che tutto si fermi.
Il fratello Leonardo gli ha appena fatto ascoltare un nastro che contiene alcune registrazioni compromettenti di Adriane, la sua fidanzata, l’unica persona con cui riesce a trovare un po’ di pace. Senna sa bene quanto è invisa alla famiglia, e il gesto del fratello è solo l’ennesimo tentativo di separarli.
Sarà una notte di pensieri, riflessioni, tutta la sua vita verrà passata al setaccio: il complesso rapporto con il padre, i suoi chiacchierati amori, la rivalità con gli altri piloti (Piquet, Prost, l’astro nascente Schumacher), l’afflato mistico che preme dentro di lui e l’urgenza di una svolta, «restituendo a chi ha meno».
Terruzzi, grazie a uno stile secco e ritmico, ricostruisce con lente psicanalitica la complessità di Senna pilota e uomo, disseziona l’origine del mito. Ne viene fuori un ritratto intimo e inatteso, avvincente nel suo approssimarsi al momento fatale: un campione al cospetto del suo talento, ma anche il profilo di un mondo che dopo il primo maggio 1994 non sarebbe stato più lo stesso.
Recensione
“Suite 200” (editore 66thand2nd), scritto da Giorgio Luca Maria Terruzzi, giornalista, scrittore e accademico italiano e collaboratore di diverse testate tra cui il Corriere della Sera, non è solo il racconto dell’ultima notte di Senna presso la suite numero 200 dell’Hotel Castello di San Pietro Terme di Imola, dove il pilota di F1 trascorse la notte prima di morire il giorno dopo.
È un viaggio introspettivo nell’animo di un pilota, già più volte campione del mondo nel 1988, 1990 e 1991, che appartiene a una schiera di piloti e giornalisti del 1990 che non avevano mai avuto a che fare con le morti in pista. Una cosa che può accadere in pista è lo smaltimento dei cocci, poiché come hanno cantato i Queen, “The show must go on” – lo spettacolo deve continuare.
Quello del 1994 a Imola fu l’ultimo weekend nero della F1. Una serie di eventi su cui si potrebbero scrivere pagine: il volo di Rubens Barrichello alla variante Bassa nel venerdì delle prove libere, il terribile incidente alla Villeneuve che costò la vita a Roland Ratzenberger durante le qualifiche, il crash in partenza che portò la Lotus di Pedro Lamy contro la Benetton di JJ Lehto e scagliò pezzi in tribuna (tra cui una gomma che mandò in coma uno spettatore) e poi lui, Senna, che andò incontro al proprio destino alla curva del Tamburello, quando il piantone dello sterzo della sua Williams-Renault FW16 cedette portandolo dritto contro le barriere di protezione.
“Suite 200” non è solo questo, è anche un viaggio all’interno dell’animo di un uomo, prima che pilota, che come racconta Terruzzi, in quella notte fa un po’ i conti e un resoconto della sua vita, le storie d’amore vissute con egoismo, il bisogno di restituire al Brasile, il paese povero che diede la nascita a Senna, parte della fortuna che il pilota aveva avuto e le ansie e le preoccupazioni per ciò che in quei giorni era accaduto e per ciò che ancora doveva accadere.
“Ayrton Senna – scrive Terruzzi – è stato come Achille, il più grande degli Achei, una furia in pista, il suo campo di battaglia. Forse era il migliore dei piloti, lasciava tutti dietro sul giro secco, l’uomo della pioggia quando l’acqua cadeva abbondante sulla corsa. Fu duro con i nemici, contro i quali covava un’ira funesta: buttò fuori pista Prost e venne ricambiato, non sopportava Schumacher e una volta lo prese per il collo, fece a botte con Mansell ed Irvine”.
Un pilota dall’animo mistico, che portava sempre con sé la Bibbia. Durante un Gran Premio del Giappone nel 1988, anno del suo primo titolo mondiale, disse: “Ho visto Dio vicino a me alla partenza”. Si arrabbiava quando qualcuno ironizzava sulla sua fede: “Non sono imbattibile a causa della mia fede in Dio. Ho solo detto che Dio mi dà la forza e che la vita è un suo dono, e siamo obbligati a curarlo con attenzione”.
Sulla sua tomba, la numero 11 del cimitero di Morumbi a San Paolo del Brasile, c’è scritto: “Nada pode me separar do amor de Deus”. Una volta, il brasiliano rivelò a Carlo Grandini del Corriere della Sera: “La morte non mi fa paura, con il lavoro che faccio. Ma ogni volta che parlo con Dio, che un giorno me la presenterà ufficialmente, lo prego di questo: fallo subito e bene. Mi terrorizza l’idea di farmi male e di finire il mio tempo in carrozzella. Regazzoni e Williams sono due eroi, io no”.
Dio lo ha accontentato e, come ha detto “Dalla” nella canzone intitolata “Senna”, quel 1 maggio 1994 Dio, nella curva del Tamburello, rimbalzò insieme ad Ayrton.
Pietro Genovese
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